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Verso un’Italia più Smart: oltre la cultura presenzialista del lavoro

Prendendo come punto di partenza le necessità scaturite dalla crisi del virus Covid-19 e il conseguente stato di emergenza nazionale, la nostra ricerca e la relativa proposta di policy scaturiscono dalla presa di consapevolezza che il lavoro agile è entrato a far parte a tutti gli effetti della realtà lavorativa del nostro Paese e molto probabilmente sarà destinato a occuparne un ruolo importante in futuro.

A ragion del vero, il lavoro agile è stato da tempo istituito come alternativa alla presenza in ufficio. Secondo l’Eurostat, però, l’Italia risultava il fanalino di coda tra gli Stati membri, posizionandosi in fondo alla classifica circa l’implementazione e la diffusione del lavoro agile. A fronte di questi dati, risulta chiaro che una buona fetta di imprese italiane abbia dovuto mettere in atto una vera e propria rivoluzione all’inizio del 2020, trovandosi a dover investire in infrastrutture digitali adeguate e formazione all’uso delle piattaforme digitali e a dover implementare una nuova organizzazione del lavoro capace di stare al passo con le sfide del lavoro agile. Le grandi imprese ben strutturate si sono trovate facilitate a compiere questo passo; al contrario, le realtà piccole e poco strutturate si sono spesso trovate a dover improvvisare. La nostra ricerca ha posto l’accento proprio su queste ultime realtà imprenditoriali per comprendere come le PMI abbiano affrontato lo stato emergenziale e come aiutarle nella transizione verso una cultura manageriale incentrata sugli obiettivi da raggiungere piuttosto che sulla presenza dei lavoratori in ufficio. Abbiamo ritenuto necessario prendere come punto di partenza i bisogni e le difficoltà di coloro che hanno affrontato direttamente il tema tramite interviste a datori di lavoro e lavoratori dipendenti sparsi sull’intero territorio nazionale.

In generale, al di là dei benefici e delle problematiche del lavoro agile largamente discusse e note, il dato forse più importante e, ai nostri occhi, preoccupante che abbiamo rilevato è che una porzione consistente di PMI contattate ha dichiarato di non aver nemmeno considerato la possibilità di implementare il lavoro agile, anche quando risultava essere l’unica modalità di prosecuzione dell’attività, perché ignare delle sue effettive potenzialità e perché da considerarsi come qualcosa di troppo lontano dalle proprie possibilità e capacità.

In primis, il disinteresse verso il telelavoro sembra legato alla difficoltà nell’applicare tale modello alla propria realtà aziendale. Volendo analizzare questo elemento non solo in chiave puramente infrastrutturale, ma anche culturale e sociologica, individuiamo tale rifiuto all’interno di un macro-fenomeno, di recente oggetto di dibattito, per cui ogni modificazione tecnologica che in qualche modo ci costringa a ri-posizionare i nostri schemi mentali e ri-vedere automatismi a cui siamo tenacemente aggrappati, genera un livello più o meno significativo di ‘ansia’, caratterizzata da una necessità di allontanarsi dall’oggetto o di evitare la situazione che ne implica l’uso. Un sentimento all’apparenza paradossale in una società all’insegna della corsa all’ultima tecnologia, ma non per questo meno invalidante. In secondo luogo, abbiamo individuato una vera e propria ‘opera di resistenza’ da parte dei datori di lavoro. Seppur riconosciuta la serietà professionale del dipendente in modalità agile, tuttavia permangono nel datore di lavoro dubbi relativi all’effettiva produttività del dipendente collegato da casa in assenza dell’ “adrenalina da posto di lavoro”. Una convinzione tanto radicata da portare al completo disinteresse verso l’implementazione del lavoro agile.

A nostro avviso, entrambi i fattori sono da ricondurre alla scarsa informazione e sensibilizzazione riguardo il lavoro agile in quanto formula potenzialmente fruttuosa sotto diversi aspetti.

Riteniamo sia utile quindi muoversi verso soluzioni a lungo termine e di matrice socio-culturale per rimuovere le barriere culturali che ad oggi hanno ostacolato l’implementazione di modalità telematiche di lavoro e per accompagnare le dirigenze delle PMI verso lo sviluppo di una cultura del lavoro basata sul raggiungimento di obiettivi, rivoluzionando il legame tra produttività e presenza fisica sul posto di lavoro. Sulla base di questi elementi la nostra proposta di policy è imperniata su tre pilastri fondamentali: sensibilizzare, formare e accompagnare. Nello specifico, sensibilizzare datori di lavoro e lavoratori verso i benefici e i margini di sviluppo guadagnabili da un utilizzo efficiente del lavoro agile, formare le competenze necessarie per garantirne un’implementazione ragionata e accompagnare le PMI nella transizione graduale verso una forma di lavoro più smart.

Convinti che stakeholder e motori di coesione come le associazioni d’impresa debbano giocare un ruolo chiave al fine di far emergere e soddisfare interessi di interi settori produttivi e/o aree geografiche, proponiamo l’introduzione in queste realtà territoriali di un help-desk per il lavoro agile. In questo modo, l’associazione di categoria di riferimento avrebbe l’occasione di poter mettere a disposizione delle PMI consulenti, prodotti e servizi volti a promuovere lo sviluppo del lavoro agile ed essere essa stessa centro di condivisione di esperienze e risultati e di aggregazione di istanze da parte delle realtà imprenditoriali territoriali. Attraverso l’help-desk per il lavoro agile, la sensibilizzazione delle imprese al tema potrebbe essere promossa con la creazione di una newsletter settimanale tramite cui condividere storie di successo, tendenze, ricerche e statistiche, e di un portale online con link utili, informazioni aggregate, forum e FAQ allo scopo di contribuire all’informazione e alla divulgazione dell’esperienza del lavoro per via telematica. L’help desk risulterebbe incaricato anche dell’organizzazione di workshop e della stesura di materiale didattico affinché le realtà imprenditoriali locali possano essere formate sulle interazioni tra lavoro agile e gestione di lavoro e risorse e tra lavoro agile e work-life balance. Infine la squadra dell’help-desk composta da consulenti professionali, esperti in modelli di organizzazione, architetture digitali e gestione delle risorse umane, sarebbe a disposizione di quei datori di lavoro volenterosi di intraprendere la transizione verso tali formule di lavoro più smart per accompagnarli passo dopo passo, con le loro competenze e conoscenze, nel processo di modernizzazione dell’organizzazione del lavoro e delle risorse.

Si verrebbero a creare così, a nostro parere, le giuste condizioni perché le PMI possano cogliere al balzo la crescita in produttività che il lavoro agile promette: da una sua accettazione e corretta implementazione può davvero dipendere, in parte, la competitività del tessuto aziendale italiano.

Sulla base di questi elementi e di una visione a medio-lungo termine abbiamo sviluppato la nostra proposta di policy il cui scopo è promuovere, chiarire e eventualmente supportare l’implementazione del lavoro agile, accelerando non tanto il processo di rivoluzione infrastrutturale – attuabile, in maniera abbastanza diretta, tramite ingenti investimenti – ma soprattutto la trasformazione della vita e della filosofia aziendale. 

 

Per leggere il testo integrale e la presentazione della proposta cliccare su report e sulla presentazione

 

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