La pandemia da Covid-19 ha fatto irruzione nella nostra società portando con sé numerose sfide. La più ardua è stata indubbiamente un’analisi non più evitabile dei suoi punti deboli e latenti: tra questi, il funzionamento del sistema scolastico del Paese. Di fronte all’improvvisa chiusura delle scuole ed alla successiva introduzione della didattica a distanza si è resa necessaria una rapida reazione, per la quale risulta fondamentale un’analisi qualitativa, quantitativa, e soprattutto onesta. La pandemia ha reso evidente che interventi a breve termine non sono più sufficienti: servono cambiamento, innovazione e progettualità.
La nostra personale sfida ha riguardato la tematica del learning loss. Con questo termine ci si riferisce alla perdita di apprendimento che avviene a seguito di periodi prolungati di chiusura delle scuole. Esempio classico è quello delle vacanze estive: non a caso questo fenomeno si nota maggiormente nei paesi dove tali vacanze si protraggono per mesi. Italia, Canada e Stati Uniti ne sono la dimostrazione.
Sono numerose le evidenze scientifiche che dimostrano che la sospensione prolungata delle lezioni influisce sulla perdita di apprendimento dello studente, non soltanto sul piano delle conoscenze didattiche, ma anche da un punto di vista di soft skills e competenze. I rischi del fenomeno sono molteplici: per i giovani, per il sistema scolastico, per la società ed il suo capitale umano.
A seguito della chiusura degli istituti scolastici di ogni ordine e grado disposta dal governo italiano nel mese di marzo con l’obiettivo di fermare la pandemia, sono sorte numerose domande: il learning loss si può rapportare anche a questa situazione di emergenza? La didattica a distanza è in grado di evitare la perdita di apprendimento degli studenti o, quanto meno, di contenerla? Se normalmente si parla di questo fenomeno solo in relazione alla chiusura estiva delle scuole, il prolungato esercizio della DAD è stato lo strumento adatto o invece è stato inefficiente? Quali sono le fasce di età degli studenti che più risentono della perdita di apprendimento? La didattica a distanza riesce a occuparsi delle disuguaglianze sociali o le acuisce? Che ruolo hanno le famiglie?
Per rispondere a tali quesiti abbiamo ritenuto fosse necessario partire dai dati. Per questo abbiamo ritenuto fondamentale implementare ed attualizzare vari sistemi di ricerca ed analisi degli stessi, ipotizzando tre livelli di raccolta delle informazioni:
❖ metodo verticale: un questionario a) per famiglie: opinioni e suggerimenti riguardo la didattica a distanza; b) per dirigenti scolastici: opinioni e suggerimenti riguardo la didattica a distanza. L’obiettivo è quello di comprendere gli aspetti sociali, pedagogici e psicologici della perdita di apprendimento di soft skills e competenze. I risultati del questionario perverranno al Ministero dell’Istruzione che farà un’analisi generalizzata a livello nazionale;
❖ metodo orizzontale: un test didattico obbligatorio per ciascuna materia distribuito in tutte le classi, che sia di supporto al docente per capire il livello di conoscenze degli alunni con l’obiettivo di colmare le lacune maturate nel periodo di chiusura delle scuole;
❖ metodo digitale: l’elaborazione di un’applicazione smart per lo studente che permetta un costante ed individuale esercizio nelle materie in cui si sente più debole. Questa applicazione dovrà essere tenuta sotto controllo anche dai docenti e organizzata secondo un sistema di premialità.
Parallelamente ad un monitoraggio costante dei risultati e dell’efficacia della DAD, il fenomeno del learning loss porta anche ad interrogarsi sulla doverosa riapertura delle scuole in sicurezza e su una riorganizzazione degli spazi e degli orari scolastici. Se, infatti, la DAD può essere considerata uno strumento utile in un momento emergenziale, questa non può sostituire la scuola, né dal punto di vista didattico né dal punto di vista sociale.
Per questo, è necessario pensare ad un’ottimale e rapida riapertura degli edifici scolastici nel breve termine, che implichi una riorganizzazione complessiva del sistema-scuola.
Quest’azione deve essere necessariamente affiancata da una riflessione sul lungo termine, perché si possano recuperare i danni causati dalla persistenza delle scuole chiuse non appena si potrà tornare in presenza a regime ordinario.
Nel breve termine, due misure sembrano le più efficaci:
1. estensione dell’orario scolastico con frequenza in turni differenziati;
2. aggregazione degli insegnamenti per aree disciplinari, con distinzione tra materie di indirizzo (o principali) e materie non caratterizzanti, con possibilità di diminuire il programma formativo.
Così facendo, le materie di indirizzo potrebbero essere svolte durante l’orario in presenza, dedicando il resto del tempo alle attività non caratterizzanti ed allo sviluppo delle soft skills.
Tali competenze potrebbero essere sviluppate in spazi differenti a quelli ordinariamente adibiti ad uso scolastico (come parchi, teatri, palestre) e con l’utilizzo di nuove tecnologie (attraverso la tv di Stato ma anche i canali di comunicazione digitale, più conosciuti dagli studenti). Così facendo, si garantirebbe agli studenti una continuità didattica caratterizzata dall’utilizzo di varie metodologie, differenziate per età e discipline. Le ore di insegnamento,allo stesso tempo, rimarrebbero invariate per gli insegnanti, che vedrebbero ampliata solamente la forbice temporale in cui svolgere le lezioni. Tale soluzione si dimostra efficace perché può essere applicata a tutti i gradi scolastici, con il fine primario di garantire una maggior tutela della didattica in presenza.
Nel lungo periodo, occorrerà prendere in considerazione anche la formazione del personale docente e non solo la riorganizzazione temporale e spaziale dell’attività didattica. È necessario, infatti, che ai docenti siano forniti gli strumenti per ampliare e consolidare le loro competenze digitali e d’innovazione della didattica, aspetti tra loro strettamente collegati.
Oltre agli strumenti di formazione previsti ordinariamente, la situazione emergenziale ha reso
tangibile l’importanza di una formazione strutturale e misurabile per tutti i docenti.
In conclusione, lo studio degli effetti del Covid-19 sul sistema scolastico italiano, comparato con gli altri paesi europei, ha reso evidente la necessità di un rinnovamento del sistema dell’educazione. La situazione di emergenza dovrebbe essere utilizzata dal Ministero dell’Istruzione come un’opportunità per concentrarsi in maniera puntuale sulla scuola, in particolare per implementare nuovi metodi didattici, già riportati nelle Indicazioni nazionali del 2010. Ad oggi, la priorità rimane indubbiamente riaprire, ma, fin tanto che ciò non sarà possibile, l’attenzione politica dovrebbe concentrarsi soprattutto su metodologie didattiche innovative in grado di supportare gli studenti nella loro sfida personale più dura: l’autonomia nello studio.
Per leggere il testo integrale e la presentazione della proposta cliccare su report e su prestentazione
Di Veronica Antonelli, Matteo Arvigo, Agnese Gatti, Francesca Grassi, Cecilia Locatelli, Stefano Neirotti, Virginia Presi