La complessità del nostro tempo è una tensione quasi irrisolvibile tra la crescente domanda di servizi avanzati e la circoscritta offerta sostenibile dalle finanze pubbliche. Mentre il progresso tecnologico divampa, il debito pubblico cresce, rendendo doveroso procedere ad analisi razionali sulla spesa.
Nell’anno più difficile della storia repubblicana italiana, è stato il dramma della fragilità della vita a imporre di ripensare il sistema di bilanciamenti e priorità fra interessi contrapposti, mettendo in luce che la salute non è una mera voce di spesa, ma il nucleo indefettibile della nostra esistenza. Tuttavia, fra la statuizione dell’art. 32 della Costituzione e la concreta attuazione di un sistema sanitario realmente universale, eguale, equo si impone una distesa di questioni da risolvere, che vanno dalla gestione degli investimenti per le terapie all’organizzazione delle strutture.
Già nell’universo letterario, quando Marguerite Yourcenar nell’opera Archivi del Nord affermava con l’accuratezza tipica dell’intuizione artistica che c’è il momento in cui ogni scelta diventa irreversibile, si manifesta la consapevolezza che nei momenti di crisi scegliere diviene l’occasione in cui l’uomo attivamente segna con tratto indelebile un pezzo della propria storia e auspica che la sua decisione sia la migliore possibile, in quanto destinata a perdurare. Allo stesso modo, il decisore pubblico si trova in un punto di non ritorno, in cui la scelta rappresenta il mezzo attraverso cui fissare un futuro migliore dei tempi avversi che attualmente si attraversano. Calando così la tematica nella criticità del presente, l’imperativo è quello di riflettere sul modo in cui il regolatore può giungere a scelte razionali, studiate con rigore metodologico, orientate funzionalmente alla risoluzione dei problemi.
A partire da questi spunti, tali prese di coscienza hanno costituito il terreno fertile per affrontare uno studio specifico e maggiormente settoriale, per cercare di disegnare uno scenario di azioni efficienti. Al giorno d’oggi, infatti, discorrendo di decisioni pubbliche e progresso tecnologico, diritto alla salute e innovazione, il nostro gruppo di lavoro si è soffermato sul tema dei Medicinali per Terapie Avanzate, i cosiddetti ATMPs, cioè quei farmaci altamente innovativi basati su acidi nucleici, cellule o tessuti manipolati, commercializzati a seguito di lunghi e costosi processi di sviluppo, suscettibili di essere somministrati in terapie one-shot, cioè quelle terapie che superano la condizione patologica del paziente attraverso una sola dose di farmaco o un solo ciclo di cura.
La particolarità di questo genere di terapie che immediatamente ci sono apparse molto significative risiede nello straordinario apporto innovativo che esse si propongono di offrire: da un punto di vista clinico, notiamo che il focus sulle malattie rare, oncologiche e patologie del sistema nervoso centrale, che tale specie di farmaci tenta di combattere, ha reso i trials clinici molto complessi. Indagando su frontiere della scienza ancora in gran parte sconosciute, gli investimenti in ricerca e sviluppo dell’industria farmaceutica in materia presentano un rischio elevato e conseguentemente un costo significativo. Ci troviamo quindi in una situazione in cui da una parte tali farmaci innovativi e complessi con una sola somministrazione di prodotto possono soddisfare la domanda di cure, ma d’altra parte sono particolarmente onerosi, con costi non facilmente determinabili in astratto a causa della continua evoluzione della materia.
Delineato il nucleo essenziale dello scenario, ci siamo chiesti quali politiche regolatorie possano rendere efficiente il mercato degli ATMPs, quali operazioni sia necessario svolgere al fine di valutarne la portata, quali siano gli scenari di pricing migliori che il decisore pubblico può adottare per fornire tale genere di cure all’interno del proprio servizio sanitario. In questi termini, si presenta preponderante il tema della scelta, che il soggetto pubblico è chiamato a compiere. Infatti capire se sia preferibile adoperare terapie continuative con costi più accessibili ovvero terapie one-shot con costi elevati, delineare in che modo offrire al paziente l’uno o l’altro percorso terapeutico, accordare un prezzo non solo sostenibile per le finanze pubbliche ma anche incentivante per la ricerca nell’industria farmaceutica, non è altro che una scelta.
Tuttavia, nella scomposizione del problema, abbiamo preso consapevolezza del fatto che non tutti i valori in gioco sono perfettamente bilanciabili fra loro e che la risoluzione non sarebbe consistita, operativamente, in una semplice somma di fattori a favore e a sfavore per una determinata soluzione. Infatti, come si potrebbe inserire il valore della vita umana all’interno di un’analisi costi benefici? È chiaro che, operando il nostro studio in ambito sanitario, soggetti del discorso sono esseri umani, con i loro interessi, il loro consenso, le loro scelte comportamentali, la cui sorte non può essere decisa o cancellata con un tratto di penna da un regolatore. Leggendo le pagine di Cass Sunstein, è maturata nello studio da noi svolto la netta convinzione che la strada non sia una pura e semplice analisi costi benefici, bensì abbiamo volto lo sguardo da un punto di vista metodologico verso le teorie che propongono, soprattutto in relazione all’ambito sanitario, una umanizzazione delle analisi regolatorie. L’assunzione non è più concentrata sul mero dato fattuale di costo o di profitto, ma si è lucidamente analizzato che c’è un homo, al di là dell’homo oeconomicus, che non sempre è razionale, che agisce d’istinto, che ha in sé dei bias cognitivi che il decisore pubblico deve saper considerare e valutare per trovare una soluzione ai problemi di pricing, scelta delle terapie, investimenti, regolazioni.
In sostanza, quindi, laddove la valutazione di un interesse investa le relazioni fra esseri umani, non può essere ignorata la natura dei comportamenti umani, delle interazioni, della mutevolezza delle composizioni dei conflitti. Sebbene questo spunto metodologico sia applicabile generalmente nell’ambito delle scienze sociali, in ambito sanitario investe una straordinaria importanza perché la regolazione farmaceutica ha effetti diretti sulla persona. Non sono sufficienti il riconoscimento formale della titolarità del diritto alla salute e la consapevolezza che occorra razionalizzare la spesa, alla luce del testo costituzionale e delle esigenze europee, ma è necessario comporre la complessità dei valori in gioco tenendo conto della struttura psico-comportamentale dell’individuo, dell’imprescindibilità di costruire un sistema che stimoli l’innovazione farmaceutica, dello straordinario potenziale degli ATMPs nel soddisfare la domanda.
In conclusione, volendo enunciare il nocciolo dello studio, si è cercato di proporre delle soluzioni metodologiche ad un problema quanto mai aperto: in un contesto globale dove il diritto alla salute è prepotentemente emerso al centro del dibattito scientifico e dove una nuova crisi economica spaventa governi e popolazioni ancora sofferenti dagli shock precedenti, non si può più rimandare la scelta di metodi di regolazione razionali, inclusivi ed efficienti. In apertura si è affermato che la complessità della questione è quasi irrisolvibile: non si nega, infatti, la sua difficoltà intrinseca, ma c’è uno spiraglio di azione che impone al regolatore di prendere una posizione, in armonia con l’evoluzione della scienza e della forza inarrestabile del progresso.
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di Valeria Lai, Filippo Liguori, Nicolò Ribarich, Riccardo Scafato