Viviamo in un momento storico in cui tutto il mondo sta affrontando una sfida senza eguali.
Mai come ora, collaborare e cooperare tra nazioni può portare a una svolta decisiva per il destino dell’umanità. Proprio in questo momento, tuttavia, il multilateralismo e la cooperazione internazionale non sembrano in grado di far fronte alla gravità dei problemi; come ha affermato il segretario generale delle Nazioni Unite, A. Guterres: “Today we have a surplus of multilateral challenges and a deficit of multilateral solutions”. Con l’elezione di J. Biden a Presidente degli USA e la netta virata di questo Paese verso un rinnovato impegno sulla scena globale, la comunità mondiale ha una grande responsabilità e deve saper dirigere il cambiamento, e non subirlo proponendo soluzioni senza una visione anche prospettica. La stessa crisi determinata dalla pandemia deve avere soluzioni di breve periodo: questa non può dirsi veramente superata se le nazioni del mondo non sapranno dotarsi di organismi e di piani che consentano di affrontare situazioni simili in futuro. Il “Gruppo dei 20” (G20), definito come il principale foro internazionale di discussione al summit di Pittsburgh nel 2009, in piena crisi finanziaria, deve essere in grado di prendere decisioni che possano di ridefinire la vita di ciascuno di noi.
L’Italia ha assunto la Presidenza del gruppo per la prima volta quest’anno: la particolarità del momento storico rappresenta un’occasione unica per il nostro Paese nel saper proporre le linee guida con cui affrontare le sfide comuni.
Ci sono grandi aspettative rispetto alla leadership del G20; pertanto, è lecito chiedersi se l’Italia sarà effettivamente in grado di gestire la Presidenza, dando una svolta concreta in senso veramente multilaterale e cooperativo. Le difficoltà sono molte, a partire da un mondo che, all’indomani del cambio di amministrazione negli USA, appare assai frammentato e senza una leadership riconosciuta. Molto dipende dalla capacità dei nostri rappresentanti di saper individuare soluzioni innovative, che non si limitino alle parole, ma siano seguite nel più breve tempo possibile da azioni concrete. A questo compito, si affianca quello, più difficile, della mediazione e contrattazione. In particolare, tutto il mondo si aspetta che il nostro Paese riesca nell’intento di far dialogare USA e Cina sui temi più delicati del programma, tra cui quello scottante del cambiamento climatico.
Persone, pianeta e prosperità. Queste sono le tre parole intorno a cui si articola il programma italiano, che si pone come obiettivo assecondare la trasformazione in atto verso un nuovo umanesimo incentrato sulla persona e sull’ambiente. Il punto d’arrivo per i prossimi anni non può essere il ritorno alla normalità pre-pandemica, che tutti ritengono ormai definitivamente superata. In effetti, la pandemia da Covid-19 ha solo accelerato delle tendenze che erano già in atto, come la trasformazione tecnologico-digitale e l’avvento di un modo nuovo di affrontare il lavoro.
Una volta superata la crisi sanitaria ed economica, si dovranno individuare le vie per giungere a un’organizzazione socio-economico-sanitaria migliore, in modo eco-sostenibile. Cogliere le opportunità create da questa crisi deve essere la parola d’ordine per risorgere. L’Italia, il Paese più colpito dalla pandemia con problemi di natura strutturale irrisolti da decenni, ha oggi la possibilità di aprire questa nuova stagione.
“Not leaving anyone behind” è lo slogan lanciato al G20 per riportare la persona al centro delle azioni politiche, multilaterali e nazionali. Non è una novità: già nel 2017, quando l’Italia assunse la Presidenza del G7- il gruppo delle 7 maggiori economie occidentali – la crescita inclusiva e la lotta alla diseguaglianza erano fra gli obiettivi della cosiddetta “Bari Agenda”. Quel programma si è dimostrato lungimirante, tanto più in presenza di sviluppi digitali che, se non accessibili a tutti, rischiano di emarginare interi gruppi di persone e/o Paesi o aree del mondo.
Lo scorso anno il trend di riduzione della povertà, che aveva caratterizzato l’ultimo decennio, si è interrotto. Il numero di persone indigenti ha ripreso ad aumentare, sia nei Paesi più avanzati, colpendo i segmenti della popolazione più vulnerabili (lavoratori scarsamente istruiti, giovani e donne), sia le economie più deboli.
Può considerarsi equa e giusta una società in cui l’istruzione diviene un bene di lusso, dove giovani e donne faticano a trovare spazio, e chi lavora è sempre meno tutelato? Certamente no.
Proprio per questo si deve contribuire a creare una società inclusiva, sostenibile e resiliente, in cui la prosperità sia ampia e diffusa. Nell’ambito di questa sfida, non può che rientrare il tema dell’inclusione finanziaria.
Garantire l’accesso agli strumenti finanziari è il presupposto per sviluppo e crescita. Gli individui e le imprese devono essere messi nelle condizioni di poter generare reddito, di pianificare gli investimenti e di rafforzare la loro capacità di intercettare i cambiamenti governali, e non subirli.
Tutto ciò deve accompagnarsi a un maggiore rispetto per l’ambiente in cui viviamo. Le attività umane e la crescente popolazione mondiale stanno alterando sempre di più gli equilibri naturali. Ne è diretta conseguenza il cambiamento climatico che rappresenta una minaccia per l’economia di tutto il mondo e che implica una risposta coordinata ed estesa da parte di ogni Paese. Proprio per questo, una delle priorità della Presidenza italiana è quella di transitare progressivamente a un’economia con zero emissioni, grazie anche all’aiuto del sistema finanziario che deve favorire investimenti sempre più “green”. Questo obiettivo non è immediato, ma di più lungo respiro; tuttavia, proprio in questo momento, in cui si devono impostare le azioni per avviare e consolidare la ripresa economica, occorre che i governanti del mondo indirizzino i propri sforzi verso uno sviluppo sostenibile.
L’argomento ambiente è per sua natura globale, e non può trovare soluzioni individuali. La sua centralità è tale che anche di fronte a una competizione a tutto campo tra le principali potenze del mondo (USA, Cina, Russia), la salute del nostro pianeta costituisca un terreno in cui poter trovare soluzioni condivise.