Dopo mesi e mesi passati a parlare della scuola italiana e di come accogliere gli studenti nelle classi, oggi c’è una certezza: le scuola in Italia riapriranno il 14 Settembre 2020.
Forse però sarebbe meglio dire che il 14 settembre riprenderanno le lezioni, visto che in quali locali e seguendo quali norme di distanziamento ancora non è dato sapere con precisione.
Le linee guide presentate dal Ministero dell’Istruzione fanno appello all’autonomia scolastica, chiedendo ai dirigenti – in accordo con le istituzioni territoriali – di trovare spazi differenti alle aule scolastiche per poter portare avanti le lezioni in presenza.
Una volta trovate le aule, il problema non è comunque risolto: le entrate dovranno essere scaglionate, l’intervallo non potrà essere unico per tutti gli studenti e dovrà essere garantita una continua igienizzazione e sanificazione.
Un rientro a scuola non dei più facili, insomma, ma c’era da aspettarselo.
Come se il quadro non risultasse già abbastanza complicato, a completare il tutto si aggiunge l’inserimento dell’educazione civica come materia curriculare, in ottemperanza a quanto stabilito dalla l.92/2019.
L’educazione civica così, da “Cenerentola” della scuola italiana -sempre in secondo piano, relegata a poche e furtive intrusioni tra una lezione e un’altra- è diventata una delle poche certezze per la riapertura, dalla scuola dell’Infanzia fino alla maturità.
Tra critiche e plausi, quello che appare evidente è che in questa situazione di incertezza l’educazione civica rischia di non essere vista come un’opportunità, ma come un ulteriore problema.
La l. 92/2019 sull’insegnamento dell’educazione civica è l’ultimo dei tanti tentativi che si sono susseguiti nella storia della scuola dalla nascita della Repubblica.
Fu applaudito in assemblea costituente, l’ordine del giorno presentato da Moro ed altri che chiedeva di trovare per la Costituzione “un adeguato posto nel quadro didattico delle scuole di ogni ordine e grado”.
Nella prassi, come possiamo vedere, la Costituzione ha trovato sicuramente un adeguato posto all’interno dell’“Educazione alla Cittadinanza” prima, della “Cittadinanza e Costituzione” poi e dell’“Educazione Civica” ora, ma queste non lo hanno poi trovato all’interno dei vari programmi scolastici.
Risulta pertanto piuttosto difficile credere che l’“adeguato posto” per l’educazione civica venga ricavato all’interno dei programmi proprio a partire da settembre 2020, per lo meno se si deve rispettare quanto richiesto dalla l. 92/2019.
Dal testo di legge, oltre alla Costituzione come fondamento della materia, l’educazione civica dovrebbe spaziare da temi di cittadinanza digitale all’educazione ambientale e all’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, senza dimenticare le istituzioni europee e internazionali, l’educazione alla legalità e la formazione base di protezione civile.
Un insieme eterogeneo di tematiche che oggi più di prima solleva qualche perplessità: con settembre alle porte e la riorganizzazione richiesta, quando e come verranno organizzati corsi di formazione su tutti questi ambiti?
Oltre a questo, come potrà essere portato avanti un insegnamento “trasversale” della materia, in una scuola che non ha ancora ben definito i suoi spazi e si interroga sul numero massimo di persone che potranno essere presenti in un’aula? Sarà possibile invitare esperti esterni per approfondire determinate tematiche?
Tali interrogativi possono risultare banali, tuttavia rendono evidente il fatto che l’inserimento dell’educazione civica potrebbe apparire, in questo momento storico, un ulteriore fardello sulle spalle attualmente già troppo pesanti delle singole scuole italiane.
Sicuramente è necessario far conoscere agli studenti la Costituzione, l’ordinamento giuridico nazionale e le istituzioni europee e internazionali, senza dimenticare i grandi problemi dell’attualità, ma a volte le cose giuste fatte al momento sbagliato rischiano di non condurre al risultato sperato.
In questi tempi di grande incertezza e instabilità, a settembre docenti e professori dovranno confrontarsi con i gap inevitabili che si sono formati in questi cinque mesi di didattica a distanza (basti pensare alle scuole del primo ciclo, per il quale è necessaria la presenza in classe ed il continuo rapporto docente-discente), ripensare i vari programmi e trovare nuovi metodi di insegnamento che si adattino ai nuovi spazi scolastici e alle normative da seguire vista la situazione creata dal covid-19.
In tutto questo, era davvero il momento giusto per l’introduzione obbligatoria dell’educazione civica estesa a tutti i cicli scolastici?
di Cecilia Locatelli