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ANNO 70 d.C. (dopo Calamandrei)

“[…] Perché difendiamo la scuola? Forse la scuola è in pericolo? Qual è la scuola che noi difendiamo? Qual è il pericolo che incombe sulla scuola che noi difendiamo?
Vedete, amici, io non sono un pedagogista, non sono un esperto di questioni scolastiche. Io sono un giurista abituato per abito mentale a vedere di tutti i problemi l’aspetto giuridico. E quindi del problema della scuola, quale si presenta oggi a questo congresso, sarò portato naturalmente a vedere gli aspetti giuridici, costituzionali. Ora, quando vi viene in mente di domandarvi quali sono gli organi costituzionali, a tutti voi verrà naturale la risposta: sono le Camere, la Camera dei deputati, il Senato, il presidente della Repubblica, la Magistratura: ma non vi verrà in mente di considerare fra questi organi anche la scuola, la quale invece è un organo vitale della democrazia come noi la concepiamo. Se si dovesse fare un paragone tra l’organismo costituzionale e l’organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organi che nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue…” [1] 

Settanta anni fa, l’11 Febbraio del 1950, Piero Calamandrei iniziava così il suo discorso al 3° Congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale. Su quale fosse il ruolo della scuola nelle democrazie, continuò così:

“La scuola, organo centrale della democrazia, perché serve a risolvere quello che secondo noi è il problema centrale della democrazia: la formazione della classe dirigente […], nel senso di classe politica ma anche nel senso culturale e tecnico: coloro che sono a capo delle officine e delle aziende, che insegnano, che scrivono, artisti, professionisti, poeti.” [1] 

Per una società che aspiri quanto meno a non peggiorare è necessario che i cittadini che sostituiscono in ogni ruolo i propri predecessori siano quanto meno ugualmente competenti.
Sarebbe ovviamente un gran problema se questo non dovesse succedere, se i nuovi lavoratori non fossero sufficientemente capaci di aggiungere un mattoncino al muro del benessere collettivo. Ma se questo dovesse succedere, per negligenza delle precedenti classi dirigenti o per casuale cattiva sorte, sicuramente il popolo accoglierebbe la notizia con sdegno, chiederebbe riforme, vorrebbe vedere i colpevoli pagare, seguirebbe con attenzione il tema fino a che la rotta del declino non invertisse la direzione, no?

Beh, nell’Italia 2020 solo il 12,5% dei bambini ha accesso ad asili in età 0-2 con enormi squilibri tra nord e sud (fonte ISTAT); il 14,5% dei ragazzi esce prematuramente dal circuito scolastico (fonte ISTAT); circa un terzo degli studenti non raggiunge competenze minime in matematica (fonte Invalsi 2019) e in molte regioni del Sud la percentuale sale oltre il 50%;[2] gli studenti italiani si collocano tra il 23° e il 29° posto della classifica dei Paesi OCSE nella capacità di lettura a 15 anni (fonte PISA 2018).
La spesa per studente in Italia è pari a: 94% della media OCSE per primarie, 92% della media Ocse per secondarie e 69% della media Ocse per l’insegnamento terziario.

Di questi risultati se ne potrebbero elencare purtroppo tanti altri. Le colpe non sono attribuibili a nessuno in particolare, in quanto tutti gli schieramenti politici che si sono alternati al governo negli anni hanno trascurato il settore istruzione e lo hanno definanziato. D’altronde, la cultura non si mangia, no? In realtà, secondo le stime, un aumento di un decimo dei risultati dei test PISA comporterebbe un aumento del PIL del 5% dopo 30 anni, e secondo OCSE il vantaggio cumulato fino al 2090 per l’Italia sarebbe di circa 5mila miliardi di euro, più del doppio del debito pubblico [3]

Consci di questi dati, auspicabilmente le divisioni politiche dovrebbero essere accantonate, e tutti i partiti che si ergono a difensori della democrazia dovrebbero mettere la scuola e la formazione al centro del dibattito pubblico. E invece no: tifosi e oppositori del MES, taglio parlamentari, porti chiusi contro porti aperti, SiTAV contro NoTAV… le Istituzioni italiane non sembrano avere particolarmente a cuore il tema istruzione, o per lo meno lo collocano in fondo alla gerarchia dei problemi.

Sono tre dunque le questioni che nascono spontanee, a questo punto.

1. Perché questo succede?
Prova a rispondere professor Angelo Panebianco: “Perché mai una società nella quale una quota così ampia di persone non ha figli e non è interessata ad averne oppure non ne ha più in età scolare, non dovrebbe sbadigliare annoiata quando sente qualcuno lanciare allarmi sullo stato delle istituzioni educative? E perché mai, constatato l’atteggiamento di disinteresse degli italiani per tali istituzioni la classe politica dovrebbe dedicare tempo e sforzi a cercare rimedi? È la democrazia: se agli elettori una cosa non interessa, ne consegue che non interessa nemmeno agli eletti” [4].

3. A chi spetta allora riportare la scuola al centro del dibattito e proporre finanziamenti e progetti?
Hanno dato una risposta diversi autori nelle righe degli editoriali de “Il Corriere della Sera”, col dibattito aperto dall’ex direttore Ferruccio de Bortoli che “richiama la responsabilità nazionale della classe dirigente privata, della parte più ricca e agiata, dell’imprenditoria maggiormente avveduta e internazionalizzata” [5]. Il rettore del Politecnico di Milano, Ferruccio Resta, chiede un patto generazionale per chiamare a raccolta gli industriali e il ritorno della “borghesia illuminata”, e nuovamente De Bortoli conclude sconsolato che “lo Stato non può farcela da solo, siamo sinceri. Ha bisogno dello spontaneo sostegno dei privati” [6]. [7]

Sia chiaro, ben venga il mecenatismo degli agiati imprenditori, poiché già prima del Covid-19 la situazione era critica e ancor di meno ora ci possiamo permettere di rifiutare l’aiuto di tutti i “generosi”, ma possiamo veramente accettare che lo Stato non possa gestire l’istruzione senza i privati?
Lo Stato deve occuparsene totalmente in autonomia fino a che non raggiunge il livello necessario, ed evitare che i cofinanziamenti pubblico-privato possano portare a un “nascondere la polvere sotto il tappeto” come per la questione sanità o come il taglio dei fondi nazionali per il Sud una volta arrivato il cofinanziamento europeo [2]. Cosa avrebbe detto Calamandrei in risposta a delle affermazioni simili?

“Quando la scuola pubblica è così forte e sicura, allora, ma allora soltanto, la scuola privata non è pericolosa. Allora, ma allora soltanto, la scuola privata può essere un bene. Può essere un bene che forze private, iniziative pedagogiche di classi, di gruppi religiosi, di gruppi politici, di filosofie, di correnti culturali, cooperino con lo Stato ad allargare, a stimolare, e a rinnovare con varietà di tentativi la cultura”.
E ancora “negli Stati in cui la scuola privata è in fiore, sono i privati che danno allo stato il contributo della loro ricchezza, per accrescere la vitalità scolastica della nazione. Non il rovescio: cioè che sia lo Stato che dimentica di fare il minimo necessario per la propria scuola e che poi disperde i suoi pochi denari in questa specie di protezionismo scolastico che consiste nel dare sussidi alle scuole private” [1]

Può uno Stato non capace di badare autonomamente a Scuola, Sanità e Giustizia occuparsi di tutti gli altri temi? Si può parlare di meritocrazia in un Paese dove solo a macchia di leopardo si raggiungono risultati accettabili nella formazione giovanile? “La meritocrazia, nelle condizioni attuali, è una gara falsata perché le condizioni di partenza non sono le stesse per tutti i partecipanti” scrive Piketty. [8]. Solo quando la situazione si risolverà si potranno fare concorsi pubblici e dare valutazioni il più possibile oggettive, bloccando la pericolosa dinamica delle nomine dall’alto sempre più protagonista [9].

3. È veramente convenuto alle grandi famiglie politiche trascurare il tema negli anni? L’ultimo tema, forse più discutibile, riguarda l’effetto che ha avuto, in termini di consenso elettorale nel tempo, il progressivo declassamento dell’istruzione dalle priorità amministrative. Il 9 giugno, YouTrend ha pubblicato un sondaggio sulle intenzioni di voto alle prossime elezioni politiche, divise per titolo di studio degli intervistati [10].
Se è vero che la correlazione non significa necessariamente causalità, i dati mostrano che i nuovi partiti “antisistema”, “anticasta”, sono votati in maggioranza dalle persone meno istruite, delle quali spesso assecondano e abbracciano, al solo scopo di acquisire consensi, mozioni antiscientifiche e estremiste. Evidente la mancanza di lungimiranza negli anni trascorsi, ma se la situazione non è già irrimediabilmente compromessa, passa ora uno degli ultimi treni per raddrizzare la traiettoria. Si può essere ricchi e ignoranti per una generazione, ma non per due.

“E l’alba di una nuova luna venne. Ormai esausti i vecchi dalla barba bianca e i giovani dalla pelle lucente si guardarono per la prima volta negli occhi, e nelle iridi gli uni degli altri videro riflesse le stesse preoccupazioni, gli stessi desideri, la stessa voglia di costruire un mondo migliore. Gettarono le armi e posero le fondamenta dei comandamenti di un nuovo patto sociale: La Rivoluzione Si Fa nel Mezzo. In quel punto di incontro nato non dalla lotta contro un nemico comune ma per la costruzione di un bene comune” [11] 

Concludo il pensiero con questo frammento di un articolo di Stefania Bait proprio per BlogSdP. Se mantenere la situazione attuale non giova nessuno che voglia difendere libertà e democrazia, urge un patto istituzionale per risolvere i problemi non politici, ma tecnici e oggettivi dell’istruzione in Italia. Urge che i ministri incaricati inizino a dire qualche “no” in più, che superato un certo limite si prendano la responsabilità di dire “basta”. A rigor di logica, il tema dovrebbe essere portato avanti dai (sedicenti) partiti progressisti, che ne otterrebbero probabilmente un beneficio anche in termine di consenso con il passare del tempo.

di Paolo Sanna 


 

1 da: Per la scuolaCalamandrei Piero, Sellerio Editore, 2008.

2 per ulteriori dati sulla situazione dell’istruzione e dei finanziamenti mancanti nel Sud Italia, consultare Piano Sud 2030, Giuseppe Provenzano, Ministro per il Sud e la Coesione territoriale, p.15.

3 Fonte: (a cura di) HanushekE. A. and L. Woessmann, L., 2010. “The high cost of low educational performance. The long-run economic impact of improving PISA outcomes”.

[4] Panebianco AngeloLe conseguenze benefiche di uno scatto culturale, “Il Corriere della Sera”, 29 maggio 2020.

[5] De Bortoli FerruccioUn progetto per il paese basato sul capitale umano, “Il Corriere della Sera” 17 maggio 2020.

[6] Resta FerruccioUn patto pubblico privato per rilanciare la formazione, “Il Corriere della Sera”, 30 maggio 2020; De Bortoli FerruccioIl contributo dei privati per curare il capitale umano, “Il Corriere della Sera” 28 giugno 2020.

[7] Altri articoli collegati: Zanny Minton Beddoes, No more pencils, no more books, “The Economist”, 30 aprile 2020 Tonelli GuidoPer contare nel mondo si deve pensare in grande, “Il Corriere della Sera”, 3 giugno 2020; Galli della Loggia ErnestoGli insegnanti prigionieri dei sindacati della scuola, “Il Corriere della Sera”, 5 giugno 2020; Verdelli CarloTutti all’ultimo banco nella scuola dimentica, “Il Corriere della Sera”, 17 giugno 2020; Manes EnzoUn piano di educazione al civismo, “Il Corriere della Sera”, 20 giugno 2020; De Molli ValerioOra la scuola (passa tutto di lì), “L’Economia”, 29 giugno 2020; Lo Prete Marco ValerioCapitale umano: vincerà chi lo coltiva, “L’Economia”, 29 giugno 2020; Saldutti NicolaUniversità e Imprese i motori per crescere, intervista a Vincenzo Boccia, Presidente dell’università LUISS Guido Carli, “L’Economia”, 29 giugno 2020; Scurati AntonioPiù fondi e qualità, alla scuola va dato il meglio, “Il Corriere della Sera”, 30 giugno 2020 Autori variRiportiamo la scuola al centro della società, “Il Corriere della Sera”, 2 luglio 2020.

[8Piketty ThomasDiseguaglianze mai così violente, è l’ora del coraggio, “Sette”, 29 maggio 2020

[9] per approfondire sui problemi dei concorsi pubblici: Cassese SabinoIl Paese che rifiuta i concorsi pubblici, “Il Corriere della Sera”, 20 giugno 2020

[10] Viscardi AndreaSondaggio Quorum/YouTrend per Sky TG24: i risultati per età e titolo di studio, 9 giugno 2020, pubblicato su: “YouTrend”, https://www.youtrend.it/2020/06/09/sondaggio-quorum- youtrend-per-sky-tg24-i-risultati-per-eta-e-titolo-di-studio/

[11] Bait StefaniaIl Re Nudo: storia di quella volta in cui la rivoluzione si fece nel mezzo, 18 maggio 2020, pubblicato su “BlogSdP”, https://www.scuoladipolitiche.eu/blog/i-re-nudo-storia-di-quella-volta-in- cui-la-rivoluzione-si-fece-nel-mezzo

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