Anna Ascani, viceministra dell’Istruzione, in risposta alla riflessione di Veronica Antonelli sulla scuola
Cara Veronica,
grazie tante per le tue preziose riflessioni.
Il primo dato che mi fa ben sperare sul fatto che stiamo facendo di necessità virtù, trasformando la crisi in opportunità per ripensare le criticità, è che finalmente nel nostro Paese la scuola è tornata al centro del dibattito pubblico.
Era ormai diventato quasi un riflesso di Pavlov l’associazione mentale tra la parola “scuola” e quella “tagli”. In questi mesi, invece, discutiamo di quanto e come investire sulla scuola e, aggiungo, per farlo bene dobbiamo pensare non solo a come affrontare la crisi epidemica, ma anche e soprattutto a quale scuola vogliamo nei prossimi decenni. Quali edifici, quale organizzazione didattica, quale formazione e selezione degli insegnanti, quali metodologie d’insegnamento.
Penso che la stella polare a guidarci in queste scelte non possa che essere l’Articolo 3 della nostra Costituzione, là dove recita “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
La scuola è e sempre più deve essere il luogo che rimuove gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
In questo senso, ho ripetuto ovunque che l’esperienza della didattica a distanza è stata eroica, per come si è sviluppata, in quanto poco tempo e di fronte a quale enorme emergenza. Proprio per questo motivo, a me è piaciuto rinominarla “didattica della vicinanza”. Ciò non toglie che sia stata un’esperienza eroica davanti a un’emergenza, ma dal punto di vista strutturale vada ripensata. Non solo dobbiamo aver ben chiaro che si tratta di metodologie che non sostituiscono ma integrano la dimensione sociale in classe, ma dobbiamo avere anche in mente che, più che di didattica a distanza dovremmo parlare di metodologie digitali per la didattica. La differenza è sottile, ma si collega secondo me all’Articolo 3 della Costituzione e spiego perché. Didattica a distanza nella sua accezione più diretta e automatica vuole dire la scuola che entra nelle case degli studenti e, là dove ci sono contesti più favorevoli e agiati, tutto funziona meglio. Adottare metodologie adeguate alla didattica digitale vuol dire invece progettare la rimozione delle diseguaglianze e fare leva sullo sviluppo di pari opportunità per tutti gli studenti.
Anche di questo, secondo me, la comunità scolastica dovrebbe discutere nei prossimi mesi e sono sicura che lo farà, perché è costituita da un patrimonio meraviglioso di umanità e professionalità.