News

Acqua: simbiosi industriale per uno sviluppo sostenibile

Solo lo 0.5% dell’acqua del nostro pianeta è direttamente utilizzabile per scopi umani. Circa il 30% della popolazione mondiale soffre di scarsità di acqua pulita per necessità sanitarie e il 70% circa vive in regioni con condizioni di assoluto o severo stress idrico[1]. È chiara, quindi, la necessità di preservare le sorgenti di acqua dolce, adottando politiche che promuovano la simbiosi industriale per uno sviluppo sempre più sostenibile. Le modalità di attuazioni sono due e complementari. È necessario riutilizzare quella che tecnicamente viene definita acqua reflua, cioè acqua già utilizzata per i più disparati scopi, e/o “purificazione” dell’acqua reflua prima che venga reimmessa nei corpi idrici naturali. Il riutilizzo e/o lo scarico necessitano in ogni caso il trattamento dell’acqua reflua. Anche chi non è un tecnico della materia, avrà sentito parlare degli impianti di depurazione, utilizzati per trattare le acque di scarico fognario e abbattere il carico batterico e di sostanza organica in esse contenuto. Una volta effettuato tale abbattimento, le acque vengono reimmesse in fonti naturali o riutilizzate ove possibile.

Questi impianti di depurazione sono presenti anche laddove vi sono impianti industriali che vogliono immettere nei corpi idrici naturali le acque di scarto dei processi di lavorazione. Nonostante però l’attenzione sul tema sia già alta, fino a qualche anno fa, veniva reimmesso nei corpi idrici naturali, senza previo trattamento, l’80% circa delle acque usate[2].

Senza previo trattamento, la qualità del corpo idrico recettore è a rischio, perché, come è immaginabile, le acque reflue contengono spesso inquinanti pericolosi per la salute umana e/o degli ecosistemi. Gli impianti di depurazione risultano essere un anello fondamentale della catena per consentire la preservazione della quantità e della qualità dell’acqua disponibile. Il riutilizzo di acqua o lo scarico in corpi idrici naturali di refluo, previo trattamento, sono principi necessari allo sviluppo sostenibile.

Tra i processi usati nell’ambito della depurazione delle acque reflue vi è quello che tecnicamente viene chiamato adsorbimento: possiamo immaginarlo come una spugna che viene immersa in acqua e si impregna dei contaminanti presenti nell’acqua stessa. Ciò è possibile perché questa spugna ha elevata affinità nei confronti dei contaminanti ma non ne ha alcuna con l’acqua (idrofoba). Tradizionalmente, queste spugne venivano prodotte a partire da lignite, torba, residui di lavorazione del petrolio, carbone bituminoso ecc., carbonizzati e attivati poi chimicamente, ma negli ultimi anni, grazie allo sviluppo tecnologico, la ricerca scientifica ha dimostrato che è possibile produrre queste spugne da qualsiasi materiale con alto contenuto di carbonio. Questo vuol dire che quelli che oggi conosciamo come scarti agro-industriali potranno essere usati per produrre queste spugne o essere, essi stessi, in grado di agire come spugne senza ulteriori modificazioni.

Alcuni esempi di scarti agro-industriali utilizzabili sono i fondi di caffè (uno dei prodotti più diffusi al mondo), i residui di estrazione del thè (anche quelli che produciamo in casa), i noccioli delle ciliegie (ma tendenzialmente è stato dimostrato che possono essere usati i noccioli di tutti i frutti), i residui di lavorazione di carote e dei pomodori o i residui dei semi di tabacco usati nelle bioraffinerie, solo per fare alcuni esempi[3].

La possibilità di produrre le “spugne” adsorbenti a partire da questi scarti fa sì che i processi di produzione delle stesse siano meno impattanti dal punto di vista ambientale. In alcuni lavori è stato inoltre dimostrato che i costi di produzione sono più bassi rispetto a quelli di produzione da approvvigionamenti tradizionali e talvolta si riescono a ottenere spugne addirittura più performanti (capaci di abbattere il carico inquinante in misura maggiore a parità di massa di spugna usata). Questi due aspetti possono rappresentare una spinta verso l’incremento del numero degli impianti di trattamento delle acque reflue presenti nel mondo e la quantità quindi di acque reflue trattate prima di essere scaricate in corpi idrici naturali. Se lo scarto delle industrie agro-alimentari diventa risorsa per i produttori delle “spugne” adsorbenti, è evidente come la simbiosi industriale sia un elemento decisivo per uno sviluppo sostenibile. La simbiosi industriale è infatti, per definizione, lo scambio di risorse tra industrie tradizionalmente separate, al fine di realizzare con un approccio integrato uno strumento per la chiusura dei cicli delle risorse.

Secondo questo concetto lo scarto di un’industria diventa risorsa per un’altra.  Affinché la simbiosi industriale si sviluppi sono fondamentali la collaborazione tra imprese e le opportunità di sinergia. In casi come questi è importante che le aziende siano presenti sullo stesso territorio per limitare i costi e le emissioni in atmosfera associati ai trasporti. Sarà quindi importante, nell’ottica della scelta di politiche e pratiche di sviluppo sostenibile, prestare attenzione a quelli che sono gli aspetti che favoriscono la simbiosi industriale. Rivedere quelle che sono le catene dei valori e pensare di creare distretti macro-industriali nelle regioni europee (una sorta di reshoring), potrebbe rappresentare un impulso decisivo per favorire la simbiosi industriale e muoversi verso lo sviluppo sostenibile che l’Europa vuole raggiungere.

 

di Marco Cuccarese


[1] Reviews in Environmental Science and Bio/Technology, 2017, 16, 591-609

[2] UNEP (2010) Sick Water: The central role of wastewater management in sustainable development, Internal report, United Nations Environment Programme/GRID-Arendal, 4p

[3] La lista di sorgenti utilizzabili è innumerevole: si veda Journal of Environmental Management, 2018, 227, 395-405

Menu